Di Fausto Coppi si è scritto moltissimo. Tra i tanti libri pubblicati segnaliamo “Gli angeli di Coppi” di Marco Pastonesi edito da Ediciclo. Oltre duecento pagine, corredate da fotografie, che riportano le impressioni di ciclisti che hanno avuto modo di correre con il “Campionissimo”. L’Autore non è nuovo a simili racconti sotto forma di schede. Già in passato raccolse alcune interviste pubblicate nel libro “Vai che sei solo” edito dalla Libreria dello Sport. Nel consigliare agli appassionati di ciclismo la lettura dei libri, riportiamo il ricordo di Coppi da parte del suo fido gregario Franco Giacchero (nato ad Ovada il 1 aprile 1925, professionista dal 1951 al 1956, ha ottenuto quattro vittorie, abita a Novi Ligure) apparso ne “Gli angeli di Coppi”.

Coppi era un uomo così: buono, generoso, serio, rigoroso, insieme si scherzava sempre, in corsa non si scherzava mai. Ognuno aveva il suo compito: chi doveva coprirlo in pianura, chi doveva stargli accanto in salita, chi doveva portargli l’acqua, chi doveva parlargli o ascoltarlo, chi era meglio che stesse zitto.

Era un uomo così, aveva sei anni più di me, l’avevo già visto in giro, ma da vicino solo nel 1940, a un circuito per Dilettanti e Indipendenti, a Tortona, lui era fra il pubblico, e tutti lo conoscevano e lo indicavano e ne parlavano. Un anno dopo andai da Biagio Cavanna, prima all’Alessandrina, poi alla Siof. Da Cavanna si respirava ciclismo. E c’era sempre da imparare. C’erano Milano e Parodi, poi Carrea. Si mangiava insieme, si dormiva insieme, si pedalava insieme. Tutte le mattine, alle cinque e mezzo, Cavanna bussava alla porta con il suo bastone da cieco: più che bussava quasi buttava giù la porta. Ci faceva fare 60 chilometri a cronometro, poi la colazione, poi altri 120 chilometri di allenamento. In quell’appartamento noi vivevamo alla buona: chi si alzava per primo, si vestiva, l’ultimo si arrangiava.

Coppi nel fornoFranco Giacchero, ovadese purosangue e gregario del Campionissimo, invitò Coppi ad Ovada dove contava numerosi simpatizzanti. “Appena si sparse la voce che Coppi era al Ristorante Grotta - ricorda Franco Pesce - i ragazzi che giocavano in Piazza Garibaldi sciamarono verso il noto ristorante per vedere da vicino il campione. Proprio in quel momento Coppi stava uscendo dal locale, circondato da una marea di persone. La strada era affollata. Fatti pochi passi entrò nel bar ‘Quighen’, invitato per un caffè. Il locale rigurgitava di ammiratori che facevano ressa intorno al campione. Poi, scortato dalla moltitudine, Coppi si avviò in via Borgo di Dentro, nel forno di Pietro Arati dove non mancò di fare un brindisi con i suoi sostenitori”.

Fausto Coppi vinse la sua prima corsa nel luglio 1938 a Castelletto d’Orba. I giorni di sagra erano l’occasione per organizzare una corsa ciclistica e gli sportivi di Castelletto si diedero un gran daffare perché ogni cosa fosse in ordine perfetto. Questo causò un forte ritardo alla partenza. Tra il folto gruppo di dilettanti c’era un diciannovenne lungo e magro che proveniva da Castellania e che correva per il gruppo sportivo della Montecatini di Spinetta Marengo. La gente, tutta stretta intorno ai corridori già noti, non guardava nemmeno Coppi. Questi aveva una maglia senza le mezze maniche per evitare il sudore, scarpette senza calze ed uno strano berrettino che sembrava una scorza di anguria. Era arrivato alla chetichella con in spalla un sacchetto di mele acerbe e comprò dal fornaio alcuni panini. Seduto sul gradino del negozio si sfamò con pane e mele e si avviò alla partenza. Si avvilì molto quando sentì uno del pubblico chiedere: “Chi è quello lì?”. “Un certo Coppi” gli rispose uno, ed un altro più informato: “Uno dei tanti”.

 Il percorso della gara partiva da Castelletto d’Orba, proseguiva per Predosa, Alessandria, Cantalupo, Acqui Terme, Cremolino, Molare, Ovada per tornare a Castelletto d’Oba.

ciclismo coppiLa foto ingiallita dal tempo è datata 25 Settembre 1953 e ritrae Fausto Coppi in una delle tante immagini passate alla storia del ciclismo nazionale; una fuga solitaria in montagna.
Una istantanea scattata molto probabilmente in una tappa alpina del Giro d'Italia del 1953 in quanto Coppi indossava ancora la maglia della Bianchi invece di quella di Campione del Mondo conquistata a Lugano il 30 Agosto dello stesso anno.
Questa foto con dedica, conservata gelosamente da una famiglia ovadese, mi consente di parlare del grande ciclista quando, in allenamento, transitava nelle strade della zona.Ancora oggi vi sono luoghi, fontane, salite, strade e percorsi legati al suo nome, al ricordo di un mito che attraversa intere generazioni di sportivi.
La storia di Coppi è stata ampiamente descritta da penne più preparate, qualificate e competenti dello scrivente, tuttavia voglio brevemente ricordare la passione genuina con la quale gli ovadesi seguivano le gesta sportive del Campionissimo.
Nell'immeditato dopoguerra le notizie venivano divulgate attraverso la radio ed i giornali e questi due mezzi di informazione avevano la caratteristica di enfatizzare le gesta degli sportivi e di creare personaggi nei quali si identificava la stragrande maggioranza degli appassionati del tempo.