Ottonello 1La messa in rete delle annate del giornale “La Stampa Sportiva”, testata nata a Torino nel 1901, consente di mettere a fuoco un’impresa ciclistica del corridore ovadese Mario Gigi Ottonello il quale, nel 1913, vinse la sesta edizione della Coppa d’Inverno. Nel numero del 23 novembre infatti leggiamo la cronaca della corsa corredata di alcune immagini. L’articolo titola:

“Una bella vittoria di Ottonello.

L’ultima corsa dell’annata, la “Coppa d’inverno”, il Criterium di chiusura per dilettanti, ha avuto domenica uno svolgimento dei più regolari con una giornata serena quasi primaverile e su strade ben battute, ad eccezione di qualche tratto prima di Lecco per l’inghiaiatura invernale.

Trentanove dilettanti risposero all’appello di partenza, e fra questi i migliori con Ruggeri, Sussio, Prada, Ottonello, Garavaglia ed altri ancora. Con tali giovani promesse fra le file dei concorrenti era d’attendersi una corsa movimentata e soprattutto veloce.

In effetto per contro il Criterium di chiusura fu disputato per lo più ad un passo fiacco, e ad eccezione della riuscita fuga di Ottonello, la corsa fu per nulla movimentata.

Fra tutti solo Ottonello ha saputo dar prova della propria combattività e il bellissimo tentativo di fuga da lui portato dopo Brienno, tentativo coronato da successo, basta a rivelarci la classe del campione. Tale tentativo, si è visto, ha fruttato al giovane campione di Ovada una magnifica vittoria.

Dietro di lui, degna di nota la performance di Guidi di Milano, Longoni e Vescovi.

La corsa della Pro Gorla, per la verità avrebbe meritato ben maggior carattere di combattività dati gli elementi in gara e il percorso stesso della prova. Anche il numero dei concorrenti poteva essere di molto accresciuto.

E’ passato appena qualche anno dalla fine della guerra e l’atmosfera di sovreccitazione che ha accompagnato la Liberazione non può occultare la gravità del compito che attende i governanti e la popolazione tutta.
Il Paese ha tanti problemi non tutti facile da districare. La produzione agricola è in diminuzione del 60% rispetto a quella del 1938, distrutto il 70% delle attrezzature portuali ed industriali, fuori uso il 60% delle strade statali, le ferrovie dissestate, distrutti ed inabitabili 6.700.000 vani. Tutti gli italiani si industriano, in vario modo, a sbarcare il lunario. Sei milioni di persone sono considerate in “condizioni di miseria”.
In questo contesto di sfacelo economico il ciclismo del dopoguerra porta una ventata di redenzione, di ottimismo, di anelito alla normalità, un moltiplicatore di energia positiva per tutti quanti.

Il Giro d’Italia viene battezzato della “Rinascita” quasi che insieme ai corridori pedalasse in sintonia tutto il paese verso una meta di vittoria di redenzione, di riscatto. Il pedalare acquisisce subito il significato di rimboccarsi le maniche, di darsi da fare.

imerio massignan

Prima o poi nella vita capita di trovarsi di fronte a situazioni grottesche in cui uno si chiede se è sveglio o sta sognando, tanto la situazione in cui si trova ha del paradossale. Ad Imerio Massignan, buon corridore professionista negli anni Sessanta, una situazione davvero inspiegabile capitò nel 1962 quando difendeva i colori della Legnano.
Massignan, dopo essersi piazzato al secondo posto finale al Giro d'Italia al termine di un duello continuo con il piemontese Balmamion, dopo una vittoria di tappa al Giro di Catalogna in Spagna, ed un paio di affermazioni in circuiti, disputò il Tour de France dove si piazzò al settimo posto della classifica generale e primo in quella del G.P. della Montagna il cui simbolo di primato, ancora oggi, è dato dalla maglia bianca a pallini rossi.Appena chiuso il Tour, durante il periodo in cui prese parte a delle kermesse, venne raggiunto da una lettera della Casa per la quale gareggiava, la Legnano, in cui si diceva in maniera perentoria che era licenziato per scarso rendimento.

A Massignan passò per la testa di vivere in un altro pianeta. A fronte dei buoni risultati ottenuti durante la stagione in corso gli si prospettava un'incomprensibile licenziamento in tronco, una cosa pazzesca! Imerio ne parlò subito con Campagnolo, si, proprio lui, quello del famoso cambio, il quale perorò con successo la causa del corridore veneto che venne praticamente subito ricollocato nei ranghi nonostante il gran battage pubblicitario dell'evento dato dai giornali.
Non fu poi troppo difficile capire il perché di quella lettera, mandata in modo così brutale: alla Legnano non avevano perdonato a Massignan la sua scelta delle kermesse francesi anziché italiane.

Giuseppe OlmoPer gli ovadesi che lo conobbero Carletto Soldi fu una figura inscindibile dalla bicicletta. Il cavallo d’acciaio fu la sua grande passione e si può tranquillamente affermare che i momenti più belli della sua vita li passò in bicicletta. Discreto dilettante, partecipò, con alterna fortuna, a tutte le gare che si disputarono nell’ovadese negli anni che vanno dal 1920 al ’30. In quei tempi Costante Girardengo, “l’omino” di Novi Ligure, amante della caccia e del gioco del biliardo, frequentava assiduamente la nostra città. Nel Borgo, da “Castagnoun”, esisteva il campo di tiro al piccione e Girardengo era considerato un’ottima doppietta. Al Caffè della Posta le partite al biliardo alla stecca erano il suo divertimento preferito. Qui conobbe Carletto Soldi e diventarono subito amiconi. Il primo figlio di Carletto venne chiamato Costante. Il ciclismo di quei tempi non aveva ancora quella spiccata caratteristica agonistica che ne venne dal professionismo, ed era l’occasione di divertimento per avvenimenti di dimensioni locali e paesane. Una particolarità era rappresentata dal gusto delle sfide individuali fra corridori dello stesso paese. Era questa una forma di esibizione che diventava argomento di divertenti polemiche e discussioni da bar alimentate continuamente dai sostenitori dell’uno o dell’altro protagonista. Carletto Soldi era uno dei più accaniti protagonisti di queste sfide e non perdeva occasione per proporsi, anche se di sfide ne vinse pochine. Note sono le sue sfide con Emilio Grillo, il campione ovadese, sul tracciato Ovada  Iride - Predosa - Schierano - Ovada.

GirardengoIl mastodontico Dizionario Biografico degli Italiani contiene una ricca biografia del “Campionissimo” Costante Girardengo, icona del ciclismo mondiale, etichettato come l’omino di Novi, il Gira, e anche col simpatico appellativo di Garibaldengo.

Nato nel 1893 in una cascina a pochi chilometri da Novi Ligure da Carlo e Gaetana Fasciolo, agricoltori, (quarto di sette figli), come tanti coetanei attratti dalla bicicletta inizia a partecipare a gare organizzate nei paesi della provincia piazzandosi bene e gareggiando sovente con Cavanna, il prodigioso massaggiatore di Coppi. Dopo le prime vittorie in gare strapaesane, partecipa a competizioni più impegnative e, nel 1912, su macchina Penovi, sfiora la vittoria in una corsa che sarà decisiva per la sua lunga carriera. La citiamo perché insieme a Costantino, suo vero nome di battesimo, entra in ballo la nostra Ovada dove il giovane corridore conta molti amici conosciuti nella numerose gare disputate a livello dilettantistico: tra i più fraterni Mario Gigi Ottonello, compagno di squadra del Gira, (Casa Maino - Dunlop) nella loro prima Milano - Sanremo, edizione 1914, tuttavia con differenti destini sportivi. Di Ottonello, eccellente atleta nostrano, parleremo la prossima volta.

reclameNel 1912 Girardengo si piazza secondo nel Giro del Veneto. La casa costruttrice della bicicletta, con laboratorio nella vicina Fresonara, nell’intento di pubblicizzare la propria produzione, compra un’inserzione in quarta pagina del Corriere di Ovada.